“LA VITA AL CONTRARIO” versione teatrale de “Il curioso caso di Benjamin Button” di F. S. Fitzgerald – Adattamento teatrale Pino Tierno
Con una danzatrice in via di definizione
Regia Ferdinando Ceriani
(da luglio)
NOTE DI REGIA
Un uomo in controluce che sembra stia per partire verso un fascio luminoso che già in parte lo avvolge… ma esita. Si ferma. Il rumore della lancetta di un orologio segna il tempo. Poi, quasi strappandosi al suo destino, viene in proscenio, si rivela allo spettatore: è Nino, nato anziano e morto bambino. Ha con sé una valigia in cui ha raccolto i ricordi della sua strana vita.
Così inizia lo spettacolo La vita al contrario, versione teatrale della straordinaria favola moderna di F. S. Fitzgerald The curious case of Benjamin Button, pubblicata per la prima volta nel 1922, che s’interroga sul significato della vita, sulla sua imprevedibilità e sull’ineluttabilità della morte:
“Capita a tutti di sentirsi diversi in un modo o nell’altro, ma andiamo tutti nello stesso posto, solo che per arrivarci prendiamo strade diverse…” Nino apre la sua valigia e ne tira fuori una vecchia cartella ricolma di fogli ingialliti: è il racconto della sua vita.
Se la linearità storica, ma ancor prima quella del racconto, si muovono in avanti – la società cambia, i personaggi crescono – la vita del protagonista è invece un percorso “à rebours”. Nato ottantenne nel corpo di un bambino, vive (ma solo nell’aspetto) una vita inversa. Vittima di una linearità alterata paradossale, affronta l’infanzia come se fosse un anziano e la vecchiaia come se fosse un bambino. Ma queste molteplici temporalità sembrano riunirsi e coincidere in un unico punto, ossia nella parola scritta, in quei fogli del suo diario che Nino
vuole affidare alla memoria degli spettatori: “Tutti hanno una vita speciale a modo loro, tutti sono qualcosa che nessun altro è, né sarà mai.
Perciò io non credo che la mia storia sia più speciale di quella che vive o ha vissuto ognuno di voi. In fondo, siamo tutti fatti di carne e di sangue, e anche se capita di arrivarci per strade diverse, la destinazione resta la stessa. Quello che conta è ciò che succede prima di arrivarci e, se è vero che la memoria dà l’immortalità, oggi voglio raccontarvi la mia storia, per cercare di eludere la tappa d’arrivo, per lo meno nel vostro ricordo.”
Il tempo che resta immobile e non cambia è quello delle pagine del racconto in cui l’orologio segna sempre le cinque e ogni pagina rivissuta è un pezzo della vita che vola via.
Nel suo adattamento, Pino Tierno rimane fedele il più possibile all’opera originale servendosi della voce narrante del protagonista, proprio come faceva a suo tempo Fitzgerald che inseriva spesso una voce narrante nelle sue opere.
Benjamin Button (nell’adattamento Nino) vuole raccontare la sua storia prima di dimenticarla, prima di cadere in un eterno presente, quello dei neonati che non hanno la percezione del tempo che passa. Tierno ha per lo più italianizzato la storia riportandola agli avvenimenti che hanno riguardato il nostro Paese dall’Unità d’Italia fino ai primi anni Sessanta. La messa in scena è infatti accompagnata dai suoni e dalle melodie che hanno caratterizzato quell’arco storico, dalla fine dell’Ottocento passando poi per le due guerre mondiali fino al boom economico. In una messinscena che dà ampio spazio all’onirico e all’immaginazione, in uno spazio in cui riemergono dal buio dei ricordi oggetti di epoche lontane, Giorgio Lupano dà anima e corpo a quest’avventura
fantastica che porterà lo spettatore a ripercorrere parte della storia del nostro paese.
In questo scenario in cui si susseguono gli eventi, s’incastrano le vite di numerosi personaggi tenuti tutti insieme da un minimo comun denominatore: Nino. Giorgio Lupano li evoca, dà loro voce, movenze, tridimensionalità in un gioco interpretativo che tocca tutte le corde: dal comico, al grottesco, al drammatico. Ma tra questi fantasmi ce n’è uno che lo accompagnerà nell’arco di tutta la sua vita: quello di una donna che prenderà le sembianze dell’infermiera che assiste sconvolta alla sua nascita, della balia che lo accudisce bambino nelle sue ultime ore di vita ma soprattutto dell’amore, rappresentato da Bettina, sua moglie, ma anche da tutte le amanti con cui vivrà gli sfrenati anni della sua maturità! Questa figura femminile attraversa tutta la sua vita e si manifesta nei giochi di ombra e di luce del palcoscenico, negli echi di canzoni lontane, nelle danze di un valzer sfrenato.
Parola, musica, immagini, canzoni sono gli ingredienti del racconto di una vita in cui il tempo, sottratto alla natura convenzionale che l’uomo gli ha attribuito, si reinventa e ci fa riflettere sul senso di un’esistenza non più scandita dalle lancette ma bensì dal sentimento. Un tempo dietro cui non ci possiamo nascondere perché – come dice Nino “non è mai troppo tardi, o nel mio caso troppo presto, per essere quello che vuoi essere“.
Ferdinando Ceriani