“L’ EBREO” di Gianni Clementi
Con Fabio Bussotti – Claudio Mazzenga
Regia Pierluigi Iorio
LO SPETTACOLO
Con l’entrata in vigore delle leggi razziali italiane, nel 1938, si era diffusa, tra gli ebrei, la pratica di intestare a prestanome fidati i propri beni per metterli al riparo da probabili espropri, per poi rientrarne in possesso in tempi migliori. Per questo motivo, dopo il rastrellamento del Ghetto nell’ottobre del 1943, Marcello e Immacolata Consalvi si ritrovano ricchi dall’oggi al domani, intestatari di quattro appartamenti e due negozi del loro Padrone, catturato e deportato in Germania. La fine della guerra coincide con l’inizio dell’attesa; passano i giorni, le settimane, poi gli anni, ma del Padrone, nessuna traccia.
L’azione si svolge nel 1956: nevica a Roma e le esitazioni di Marcello, ligio dipendente che mai aveva dubitato del ritorno dell’Ebreo, cominciano pian piano a sciogliersi sotto le certezze di Immacolata, sicura che il Padrone sia già morto lontano dall’Italia. Proprio mentre si consolida la loro nuova condizione sociale ed economica, dopo tredici anni, il Padrone bussa alla porta per reclamare le sue proprietà. Immacolata, però, non vuole rinunciare a quella vita cui, nel tempo, si è abituata; convince, dunque, il marito a barricarsi in casa negandosi anche a conoscenti e amici. Sull’orlo di una crisi di nervi, dopo giornate trascorse come reclusi, la donna decide che l’unico modo per porre fine all’incubo sia eliminare l’Ebreo. Da quel momento si succedono i colpi di scena, fino ad arrivare al finale della commedia con un evento tanto imprevedibile quanto inaspettato.
NOTE DI REGIA
L’ebreo è uno dei testi più avvincenti di Gianni Clementi, nel quale albergano diversi temi storicamente legati a un tempo apparentemente lontano che risultano ancora oggi tristemente attuali. Ambientato a metà degli anni Cinquanta, con il dichiarato intento di indagare l’animo umano e il grado di aberrazione al quale si può arrivare pur di non perdere i privilegi acquisiti, parliamo, in fondo, di Denaro (all’alba di quel “Boom” economico che, per certi aspetti, ne rinvigorisce la sacralità), e del Potere che ne consegue e che diventa il “leit motiv” della società degli anni a seguire fino ai giorni nostri.
In uno spettro ampio che va dalla commedia alla tragedia, la storia ruota intorno a due figure preminenti: il padrone ebreo, personaggio continuamente citato, mai fisicamente presente in scena ma avvinghiato alla coscienza di Marcello Consalvi, suo fedele ragioniere, e Immacolata, donna bellissima e volitiva, allo stesso tempo cinica e, a tratti, violenta, a sua volta vittima di un’infelicità latente che prova a mascherare con un’ostentata consapevolezza di sé.
Il primo concede alla famiglia Consalvi una sorta di “sogno a tempo”, con la speranza di rientrare in possesso dei suoi averi una volta tornato. La seconda afferra quel sogno per cristallizzarne il tempo e farlo diventare solida realtà; attua, dunque, la scalata sociale cui da sempre ambisce, anche a costo di calpestare altre persone. Perenne carnefice del marito Marcello, la signora Consalvi non perde occasione per denigrarlo, anche davanti agli amici, buttandogli in faccia continuamente la sua inadeguatezza per il nuovo stato sociale.
Con una grande attenzione ai ritmi (serrati e coinvolgenti) e alla musica (che porge il braccio alla prosa e, alle volte, detta i tempi dell’azione scenica), mettiamo in risalto il lato oscuro dei personaggi di una commedia noir che riesce a divertire (per le situazioni al limite del grottesco) e creare suspence, regalare sentimenti di tenerezza e finanche indignare (per la meschinità svelata dai personaggi), in una vera e propria ridda di emozioni verso un finale decisamente inatteso.
Pierluigi Iorio