“LA DENUNCIA” scritto e diretto da Ivan Cotroneo
LO SPETTACOLO
La storia di una ragazza diciassettenne, e della sua professoressa di italiano. La storia di Alice e Clelia, che hanno trascorso un’ora insieme, in un’aula con la porta chiusa, nella scuola deserta. Nessuno sa cosa sia successo in quella ora.
Secondo Alice, che racconta tutto alla dirigente scolastica, la professoressa ha cercato di sedurla, promettendole in cambio di aiutarla per l’esame di maturità imminente.
Secondo la professoressa Clelia, è stata Alice a cercare di usarla per ottenere quello che le serve: il voto più alto all’esame per accedere alla prestigiosa università che vuole frequentare. E quando lei ha rifiutato, la ragazza ha deciso di vendicarsi.
Nel corso del primo quadro, assistiamo alle dichiarazioni incrociate delle due, alle due differenti ricostruzioni della storia e di quell’ora fatale.
Solo il secondo quadro, in cui assistiamo a quello che è realmente successo, svela la verità effettiva di questo gioco incrociato di seduzione e di manipolazione, con una rivelazione finale sorprendente.
E nel terzo quadro l’epilogo, due anni più tardi, racconta davvero in questa storia di inganni e bugie in che misura sia intervenuto l’amore a sconvolgere gli equilibri e a portare nuove verità.
NOTE DI REGIA
La denuncia affronta i temi del consenso, del rispetto, della manipolazione, del ricatto emotivo che possono nascondersi dietro un rapporto tra docente e discente. Un rapporto in cui in qualche modo la seduzione entra fatalmente, a volte in maniera innocente, come arma e strumento maieutico, come persuasione intellettuale. Altre volte, invece, prende le forme di una violenza, diventa abuso di potere.
Un testo teso, con un epilogo sorprendente. Una sfida dialettica e di visioni del mondo tra due donne in due età diverse della vita, che si rivelano, solo alla fine, più vicine di quanto si potrebbe immaginare.
Tratta un tema attuale, e da questo per me ovviamente deriva l’urgenza della scrittura e della messa in scena, e contemporaneamente si rifà a classici del teatro contemporaneo, come The Children’s Hour, in cui la discriminazione per orientamento sessuale è presente in forme sottili e inaspettate. Il tono è quello teso di un mistero da ricostruire, ma nella storia un twist trasforma il mistero quasi processuale in una dichiarazione d’amore.
LA MESSA IN SCENA
Per la messa in scena della denuncia ho scelto due attrici che ammiro per motivi diversi, Marta Pizzigallo, una forza del teatro che ho già diretto in un lavoro televisivo, e la giovane Elisabetta Mirra, che ho invece ammirato da spettatore, vedendola tenere testa con la forza di un sottile filo di acciaio ai suoi comprimari in Mettici la mano.
Un atto unico, dicevo, diviso in tre quadri.
Il primo quadro, teso, vede le due protagoniste fronteggiarsi senza mai rivolgersi uno sguardo, impegnate a offrire alla dirigente scolastica, che non si vede mai, come in una famosa sequenza de I quattrocento colpi, due differenti versioni della vicenda che le vede coinvolte.
Le due sono sedute su una sedia da aula scolastica, rivolte verso il pubblico, davanti a un velatino per il quale ci sarà la possibilità di una retroproiezione. Qui gradualmente la luce si raffredda man mano che le reciproche dichiarazioni incalzano, e diventa sottilmente meno naturalistica fino alla fine.
Con l’uscita di scena delle due e una transizione musicale alla Max Richter, il velatino si alza per il secondo quadro, dove vediamo quello che è accaduto poche ore prima: la scena è quella di un’aula scolastica ricostruita in maniera puntuale ma con una disposizione pulita, cioè quasi astratta, quasi esemplare. Sul fondo, due grandi finestre danno sul cortile alberato della scuola, sono le 15 e 30 di un giorno di giugno e l’illuminazione è realistica, così come la recitazione è naturalistica.
Per il terzo quadro, che è l’epilogo, e la trasformazione di fatto di questo gioco di misteri in una storia d’amore, il velatino scende di nuovo, la narrazione fa un balzo in avanti e la retroproiezione racconta, in maniera astratta, di un esterno cittadino, due anni dopo la storia principale.
Per il finale, il velatino si alza di nuovo a svelare, oltre l’aula, la parete nuda del fondo del teatro con le luci di emergenza accese. Il giocattolo si rompe e resta l’amarezza di una storia d’amore impossibile.
Per la messa in scena ho intenzione di coinvolgere i collaboratori che sono stati con me nelle mie avventure cinematografiche e nel mio esordio teatrale, Amanti: il dop Gian Filippo Corticelli per il disegno luci, Monica Sironi per le scene, Alberto Moretti per i costumi.
La produzione, a cui sono molto legato, è la stessa che mi ha offerto la possibilità di debuttare nella stagione teatrale 2022/2023, dandomi fiducia come esordiente autore e regista di teatro.